Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge nasce dalla necessità di disporre di risorse per la realizzazione di infrastrutture sul territorio e dal convincimento che sia equo distribuire diversamente le risorse che derivano dallo sviluppo.
      È infatti concetto largamente acquisito che un buon andamento economico del Paese sia indispensabile premessa per migliorare la qualità di vita di tutti noi, in quanto determinerebbe la disponibilità delle risorse necessarie per realizzare tutti quegli interventi di politica sociale e di riassetto e valorizzazione delle peculiarità del nostro territorio che ci appaiono indispensabili e che perciò vorremmo attivare il prima possibile. È poi largamente condivisa la convinzione che lo sviluppo economico non possa prescindere da una adeguata organizzazione del territorio e realizzazione di infrastrutture. Conseguentemente nelle «pieghe» delle leggi finanziarie di questi ultimi anni si è fatto il massimo sforzo possibile per destinare a tali opere risorse corpose, così come si è cercato di coinvolgere il capitale privato in quelle operazioni infrastrutturali che lo consentivano. Massimo esempio, in tal senso, il progetto per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina.
      Alla preliminare riflessione sulle rilevanti disponibilità finanziarie che potrebbero derivare alle pubbliche amministrazioni dall'approvazione della presente proposta di legge, si aggiunge l'importante osservazione per cui la crescita urbana comporta poi ingenti spese pubbliche per la realizzazione di strutture e di infrastrutture, ma anche, annualmente, per la loro gestione. Spese, le une e le altre, che ricadono sull'amministrazione comunale e perciò su tutti i cittadini, cioè su coloro che, con il loro complessivo operare,

 

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quella crescita hanno determinato. Ma costoro, per la stragrande maggioranza, non si avvantaggiano del maggior valore che con l'espandersi degli abitati viene acquisito dalle aree che da agricole divengono edificabili. Si arricchiscono solo i proprietari di queste ultime, in genere soggetti che senza nulla fare (o al massimo «brigando» affinché le decisioni urbanistiche siano tali da giocare a loro favore) lucrano rendite di posizione che almeno nei centri urbani maggiori sono assai rilevanti. È questa una palese ingiustizia sociale di cui da decenni si discute senza essere riusciti a individuare provvedimenti che portino, se non ad una perequazione applicata alla generalità dei cittadini, almeno a ridurre la sperequazione che attualmente va a danno della maggioranza di essi.
      La proposta di legge in parola mira ad introdurre nella legge urbanistica del 1942 (legge 17 agosto 1942, n. 1150) un intero titolo (III-bis) che prevede (articolo 40-bis, comma 1) che sia di proprietà pubblica il 25 per cento dei volumi edificabili di uso privato che, ritenuti necessari da un nuovo strumento urbanistico generale, siano collocati nelle aree di espansione. Questa «potenzialità edilizia» di proprietà pubblica è amministrata dal comune che, dopo averla monetizzata secondo le procedure che la proposta di legge indica, trattiene la metà di quanto ricavato e ne versa il 25 per cento alla regione e il restante 25 per cento allo Stato.
      Applicando questa proposta di legge, un quarto delle rendite di posizione determinate dalla crescita delle città va alle comunità (comunali, regionali e nazionale). Tutte queste somme devono essere oggetto di specifici capitoli di bilancio ed essere destinate alla realizzazione di infrastrutture sul territorio. Ovviamente ogni amministrazione pubblica realizza opere secondo il suo livello di competenza, senza tuttavia essere obbligata ad impiegare le risorse così acquisite nelle specifiche aree di provenienza. Un comune può realizzare, con queste specifiche risorse, opere di urbanizzazione nell'ambito del suo intero territorio e altrettanto possono fare le amministrazioni regionali e quelle dello Stato negli ambiti territoriali amministrati, auspicabilmente coordinando i diversi interventi (soprattutto a livello interregionale) secondo logiche di sistema e intervenendo dove ciò risulti più necessario, mirando perciò ad una realizzazione di infrastrutture più equilibrata a livello sia regionale che nazionale.
      La disciplina illustrata, però, produce effetti pratici solo a valle della redazione dei nuovi strumenti urbanistici e della monetizzazione dei volumi edificabili acquisiti dai comuni attraverso di essi. Presumibilmente ciò richiederà non meno di cinque o sei anni nei comuni più efficienti e ancora di più negli altri. La proposta di legge prevede perciò (articolo 40-ter) un regime transitorio di sei anni, a decorrere dall'anno di entrata in vigore della legge o dall'anno successivo nel caso in cui la legge dovesse entrare in vigore in data successiva al 30 giugno. Con queste norme transitorie i comuni, in attesa della redazione di uno strumento urbanistico generale che utilizzi il disposto della legge, acquisiranno una disponibilità immediata di volumi in misura proporzionale al numero degli abitanti. Sono naturalmente previste norme per la collocazione sul territorio di tali volumi, che il mercato assorbirà senza traumi perché essi saranno realizzati gradualmente, anno per anno. Si potrà così disporre di risorse pubbliche spendibili già nel giro di uno o due anni.
      Sia per quanto concerne i volumi di proprietà pubblica rinvenienti dalle previsioni dei nuovi piani regolatori sia per quelli acquisibili nella fase transitoria non è necessario realizzare alcun esproprio.
      Si opererà infatti per comparti, e nell'ambito di ciascun comparto edificatorio saranno individuati, oltre le necessarie aree di uso pubblico, come quelle per gli standard urbanistici, anche i lotti ove collocare i volumi di spettanza dei privati possessori di aree comprese nel comparto e una o più aree ove collocare i volumi di uso privato e di proprietà pubblica. Compiuta questa operazione, il comune sarà in condizione di alienare le aree edificabili di
 

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sua spettanza. Il non dover procedere ad espropri eviterà «in radice» il vasto contenzioso che si determina quando occorre valutare l'entità degli indennizzi.
      Le risorse che in questo modo saranno acquisite dalle amministrazioni pubbliche saranno assai ingenti. La loro entità sarà condizionata da diversi fattori, fra cui, essenziale, l'efficienza dei comuni nel localizzare i volumi posseduti sul territorio e quindi nel porli sul mercato. Da stime fatte potranno essere introitati, mediamente, centinaia di milioni di euro per anno. Con le disposizioni previste per i sei anni iniziali di applicazione transitoria, gli introiti complessivi (da distribuire ai diversi livelli amministrativi interessati) potrebbero aggirarsi per il primo anno intorno ai 4-5 miliardi di euro e per gli anni dal secondo al sesto potrebbero raggiungere un valore pari al 30 per cento di quello ottenibile nel primo. Per il primo anno di applicazione è previsto un coefficiente maggiore (1 metro cubo per abitante) perché si è voluto rendere possibile in tempi brevi la messa in cantiere di opere significative. Dopo il sesto anno gli introiti determinati dalle norme transitorie si azzereranno, e questo al fine di spingere i comuni a dare rapido avvio, dopo l'entrata in vigore della legge, alla redazione dei nuovi strumenti urbanistici generali (comunali o, preferibilmente, intercomunali), che sicuramente consentiranno di meglio governare l'uso dei volumi di uso privato e di proprietà pubblica. La valutazione è assai approssimativa e andrà verificata «sul campo» (e cioè nella prima fase applicativa della legge), ma appare comunque utile per individuare l'ordine di grandezza delle risorse acquisibili e conseguentemente l'impatto che queste nuove norme avranno sull'assetto del territorio.
      Le risorse determinate dall'applicazione della legge saranno acquisite gradualmente, anno per anno, in funzione dei programmi delle diverse amministrazioni comunali interessate.
      Tutte le amministrazioni beneficiarie (quelle comunali e regionali e quelle dello Stato) potranno stimarne preventivamente l'entità, secondo meccanismi prudenziali che la proposta di legge indica, e poi tenerne conto nei loro bilanci previsionali. Il provvedimento non determinerà quindi introiti una tantum e quindi è da considerare, dal punto di vista finanziario, «strutturale». Il comma 5 dell'articolo 40-quater definisce in modo prudenziale la misura di queste possibili poste di bilancio previsionale. Questo per evitare che i comuni le sovrastimino per poi trovarsi in difficoltà, in sede di bilancio consuntivo, per il rispetto del patto di stabilità.
      L'articolo 40-quinquies consente di applicare lo stesso principio ad interventi su aree urbane ampie che dovessero essere oggetto di progetti di recupero urbano di particolare interesse, attribuendo premialità (in volumi edificabili) utili a stimolarne la qualità.
      L'articolo 40-sexies è invece riferito ad interventi in aree esterne agli abitati che abbiano particolari valori ambientali da proteggere o da valorizzare ed è anch'esso tale da stimolare la qualità del riassetto territoriale, anche con norme che rendono possibile l'eliminazione delle opere incongrue, anche se condonate. Al fine, poi, di redigere ed attuare i piani particolareggiati in un clima di condivisione, il comma 2 prevede che i soggetti che considerano insoddisfacente la quantità di volumi loro assegnata come contropartita per le aree da essi apportate al comparto possono chiedere di essere espropriati, ricevendo dal comune un indennizzo pari al valore agricolo delle aree alle quali rinunciano. I volumi corrispondenti entrano in questi casi nel patrimonio disponibile del comune.
      Il disposto del comma 5 dell'articolo 40-sexies consente poi di attribuire premialità in volumi edificabili a coloro che hanno conservato con cura beni che hanno qualità storica, artistica o ambientale. Con tale norma i cittadini saranno indotti ad essere «virtuosi» nella gestione di beni di tale natura eventualmente da essi posseduti mentre ora, molto spesso, accade il contrario. Il pregio storico, artistico o ambientale porta infatti ad espropri che, giustificati ampiamente dalla necessità di proteggere i beni di pregio,
 

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penalizzano i proprietari. Salvaguardare l'interesse economico di costoro significa salvaguardare anche l'interesse della comunità alla protezione di questi beni che è conseguita riducendo notevolmente la necessità di controlli e di sanzioni.
      Il disposto del comma 7 dell'articolo 40-sexies impone che la redazione di piani particolareggiati sia effettuata con particolare attenzione alla necessità di elaborare previsioni pianificatorie che siano poi agevolmente attuabili dal punto di vista economico e finanziario. In particolare, creando le condizioni affinché gli interventi da fare risultino fattibili con project financing o con altre procedure che determinino il coinvolgimento del capitale privato. Il combinato disposto delle norme di questo articolo porterà ad una rapida attuazione delle previsioni pianificatorie sia per quanto concerne le opere private sia per quanto attiene a quelle di interesse pubblico. Si avrà così un rapido concretizzarsi, nell'area pianificata, di una qualità ambientale diffusa.
      Questa nuova normativa non lede alcun diritto acquisito, in quanto non vi è nulla che renda ineluttabile la trasformazione in aree edificabili della totalità delle aree agricole poste ai margini di un perimetro urbano né vi è alcuna disposizione che, qualora per parte di esse questo dovesse avvenire, definisca automaticamente indici di fabbricabilità territoriale più o meno elevati. Sia con la legislazione vigente che con le norme che qui si propongono, solo all'atto della redazione di un nuovo strumento urbanistico generale alcune delle aree contermini al perimetro urbano divengono edificatorie e solo i proprietari di queste aree lucrano una rendita di posizione.
      Si può peraltro osservare che in generale i valori dell'edificato cresceranno in funzione della migliore organizzazione e dotazione di infrastrutture del territorio, che con queste norme si renderà possibile. I volumi assegnati ai privati saranno quindi inseriti in tessuti urbani di migliore qualità e il loro valore unitario (per metro cubo o metro quadro) di mercato sarà maggiore di quello che si concretizzerebbe con la normativa vigente.
 

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